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Ristorante Cucina Giapponese a base di Sushi e Sashimi

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Se stai per partire per il Giappone o stai pianificando un viaggio nella terra del Sol Levante, una delle prime cose che vorrai fare non appena messo un piede in terra nipponica è quella di fiondarti in un ristorante per assaggiare il “vero” sushi giapponese.


Attenzione però: anche se la cucina giapponese ti piace e ti affascina, devi sapere che i sushi bar locali sono un po’ diversi dai ristoranti giapponesi che puoi trovare in Italia – e, più in generale, in Occidente – e che potresti finire per chiederti cosa sia quella polverina verde che ti hanno portato insieme ai nigiri o perché l’itamae (lo “chef” che prepara il sushi) ti abbia guardato malissimo quando hai intinto un boccone nella salsa di soia. Deep Japan spiega quali sono le sei cose da sapere prima di mangiare sushi in Giappone.

• 1. IL TÈ VERDE SPESSO VIENE SERVITO IN POLVERE – E ha un colore talmente acceso che potresti scambiarlo per wasabi liofilizzato. Non è wasabi (quello è in forma cremosa anche in Giappone), quindi evita di aggiungerlo alla tua salsa di soia (cosa da non fare in ogni caso, perché il wasabi va messo direttamente sul pesce, a piccole dosi). In Giappone il tè verde viene servito come bevanda insieme al sushi: si tratta di un ottimo connubio, perché oltre a fare bene alla salute non “copre” il sapore del pesce e viceversa.

• 2. USA I TOVAGLIOLI – Non appena ti accomoderai in un sushi bar, ti verrà offerto un “oshibori”, un asciugamano che serve a pulirsi le mani e la bocca. In alcuni casi potresti trovarlo confezionato direttamente sul tavolo. Se stai pensando che sia poco igienico, non preoccuparti: i giapponesi sono molto attenti e non usano mai più di una volta lo stesso oshibori. Sull’altro lato del tavolo, invece, troverai un altro piccolo asciugamano colorato: quello serve per pulire il tavolo o il banco dove siedi, alla fine del pasto. Ripetiamo: l’asciugamano bianco è per te, per mani e bocca. Quello colorato è per il tavolo. Esclusivamente per il tavolo

Il sushi non è solo una delle pietanze più famose della cucina del Sol Levante ma prima di tutto espressione di una storia antichissima.

David Gelb

• 3. GINGER ROSA: SOLO QUALCHE PEZZETTINO QUA E LÀ – Insieme al sushi, ti verrà servita anche una scatolina argentata che contiene delle piccole scaglie di ginger rosa. Usalo con parsimonia, giusto un pezzettino ogni due o tre bocconi. Il ginger rosa ha un gusto molto deciso: se ne mangi troppo non riuscirai più a sentire il sapore del sushi e del sashimi che hai ordinato.
• 4. IL WASABI È GIÀ NEL SUSHI – La vera ricetta del sushi giapponese prevede l’aggiunta del wasabi direttamente nei roll o nei nigiri: difficilmente questo viene servito a parte accanto al piatto, come invece accade nei ristoranti giapponesi che troviamo in Occidente. Tuttavia, poiché il wasabi ha un gusto molto particolare che non a tutti piace, puoi chiedere che te ne venga aggiunto n po’ meno del solito. Di’ “nashi” se non vuoi il wasabi o “sukuname” se ne vuoi meno del normale. Se invece sei temerario puoi provare con “futsuu” (quantità normale di wasabi) od “oome”: quest’ultima parola significa che ti verrà servito un sushi preparato con abbondante wasabi.

• 5. LE BACCHETTE – Solitamente sono in quella scatolina di legno scuro che troverai sul lato del tavolo, accanto al tuo posto. Accanto, ben nascosto, troverai anche uno stuzzicadenti, in caso debba farne uso a fine pasto. Ricordati di non mettere mai le bacchette usate nella scatolina di legno: lasciale sul piatto, possibilmente in orizzontale, come vuole il galateo giapponese

• 6. ATTENZIONE ALLA SALSA DI SOIA – Agli occidentali il gusto saporito della salsa di soia piace moltissimo, per questo si tende ad affogare il proprio sushi in una specie di piscina di salsa di soia, spesso finendo per “ammazzare” il gusto del pesce. Attenzione a non farlo in un sushi bar giapponese: non sempre sushi e sashimi vogliono la salsa di soia. Nel dubbio, cerca lo lo sguardo dell’itamae mostrandogli la salsa di soia: sarà lui a farti un cenno se usarla o meno.

Fonte: Il GIORNALETTISMO

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